psicoblog
Il ruolo di obiettivi, valori, atteggiamentiAlla fine dell’estate, al ritorno dalle vacanze, forse qualcuno ha portato con sé in valigia qualcosa di nuovo, altri forse hanno lasciato qualcosa alle spalle; magari qualcuno ha sentito una spinta al cambiamento o come la sensazione di non voler più marciare sui vecchi binari.
Ho pensato di introdurre in questa nuova sezione dello psicoblog, alcune riflessioni sui diversi meccanismi che dalla motivazione possono condurre al cambiamento nella direzione del proprio benessere. Molti autori concordano nel ritenere che le persone hanno un ruolo attivo nel raggiungere e mantenere il proprio benessere se riescono a comprendere quali sono le proprie priorità e gli obiettivi che più rispecchiano i valori personali. Karoly spiega che gli obiettivi che sorreggono gli atteggiamenti sono condizioni immaginate o previste a cui la persona aspira e verso i quali dirige la propria attività volontaria; ma cosa s’intende per atteggiamenti? Gli atteggiamenti sono le valutazioni che gli individui danno di se stessi, degli altri, di eventi, di questioni, di beni materiali, rivestono un ruolo motivazionale cruciale nello svolgimento dell’azione, sostengono l’impegno, aumentano la persistenza nell’affrontare difficoltà ed ostacoli, inoltre promuovono lo sviluppo di adeguate strategie cognitive. Se la spinta al cambiamento riguarda il porsi degli obiettivi che si allineano con i valori che ci appartengono e che compongono gli atteggiamenti che abbiamo verso la vita, il mondo, noi e gli altri, non solo siamo verso la strada della realizzazione personale, ma anche del benessere e della soddisfazione (Locke, 2002). Interessante notare che le persone traggono maggiore vantaggio nel senso del benessere individuale con il perseguimento di obiettivi diversi, e ci sarà tanto più coinvolgimento quanto più questi non interferiscono reciprocamente e quanto più riflettono importanti aspetti dell’identità individuale. Nella loro Teoria della concordanza con il Sé, in particolare, gli autori Sheldon ed Elliot, sostengono che il solo perseguimento di obiettivi fortemente coerenti con le convinzioni e i valori più profondi della persona sono in grado di promuovere la felicità; perseguire obiettivi sotto la spinta di pressioni esterne o a seguito di vissuti di colpa o ansia, dà luogo ad una scarsa integrazione con gli aspetti più profondi del Sé, abbassa la motivazione e rende, quindi, gli obiettivi più distanti e meno gratificanti. In sintesi: obiettivi e valori (e ciò che si pone nel mezzo ovvero gli atteggiamenti), costituiscono delle guide per l’azione.
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VIAGGIO COME RITO DI PASSAGGIO
Il turismo del tipo “rito di passaggio o separazione”, si trova solitamente associato ai maggiori cambiamenti di vita, come ad esempio: il termine della scuola superiore e l’inizio dell’università o di una attività lavorativa; essere lasciati o lasciare il partner; un lutto importante; cambiamenti di lavoro; progressi di carriera. Fra i diversi autori che affiancano il termine di rito di passaggio a quello di turismo, ci sono Graburn e MacCannel . Graburn evidenzia che spesso il turismo è identificato con il concetto di ri-creazione, il rinnovo della vita, la ricarica degli elementi di depressione, molto importanti per il mantenimento della salute mentale e corporea che caratterizza uno stile di vita equilibrato. MacCannel sottolinea l’importanza dell’allontanamento da ogni cosa, intendendo con “ogni cosa”: il lavoro di tutti i giorni, i routinari impegni familiari, anche la consueta vita mondana e le consuete attività ricreative. Affinché il viaggio abbia la valenza di rito di passaggio deve essere un’assenza abbastanza prolungata, solitamente presenta rischi e difficoltà, ed è vissuta come un mezzo di auto-testazione con cui si desidera provare a se stessi ed agli altri di essere all’altezza dei cambiamenti della vita, allo stesso modo in cui i riti di passaggio nella società tradizionale dimostravano al resto del gruppo sociale, che una persona è pronta e capace di assumere un nuovo status imposto dalle circostanze. Il senso maggiore di crescita personale in questo tipo di esperienza di viaggio, si ottiene nel momento in cui non ci sentiamo più “attori di un ruolo”! Così è possibile liberarci dalle imposizioni della struttura sociale in cui siamo solitamente inseriti ed entrare in contatto con un senso di libertà refrigerante e rigenerante, è il concetto di “tempo ottimale” (Ricci Bitti P. E., 1998) un flusso fra interno ed esterno regolato unicamente dal senso di benessere e divertimento. Questo flusso concede di rafforzare la propria identità grazie ad una miglior comunicazione con le parti di noi non mascherate da ruoli imposti, rafforzandola, e migliorando la possibilità di ridefinire quei ruoli che tornando “a casa” dobbiamo riaccogliere perché fanno parte della quotidianità. E se tornando non riuscissi più ad indossare i vecchi abiti? Certo è possibile che ci sentiamo stretti nella vita che abbiamo lasciato e tornando sentiamo il nodo in gola più soffocante che mai, dunque forse è il momento di qualche cambiamento, dunque forse siamo pronti e, chissà, magari abbiamo anche scoperto nuove competenze con cui poterlo agire?!? IN VIAGGIO FRA DIVERSITA' E FAMILIARITA'
Eric J. Leed nell’epilogo del libro La mente del viaggiatore pone l’accento su un diffuso senso di nostalgia per i tempi in cui il “viaggio era davvero viaggio, quando esisteva un confine fra il noto e l’ignoto, quando la fuga era ancora possibile” (1992, pag. 347). Il paradosso della civiltà globale è che si può trovare il familiare agli estremi opposti del globo ed il non familiare proprio sotto casa: l'ironia è che la cultura globale nasce, come evidenzia l’autore, da generazioni di viaggi. Il viaggio non è più un fatto eroico, è diventato comune, non solo, è diventato la fonte della nostra vita in comune e della nostra comunità: non è più la ricerca dell’antitesi su cui affermare e convalidare la tesi della propria identità attraverso il confronto di ciò che è altro e diverso da noi (così come per Ulisse o i grandi esploratori della storia), ma il viaggio nell’era contemporanea viene interpretato da molta letteratura sul tema, come ricerca degli elementi con cui costruire tale tesi... l’antitesi è inserita direttamente all’interno della struttura della società globale: il confronto fra culturalmente simile e/o differente per ciascuno di noi è parte del vivere quotidiano nell'era della globalizzazione. Nonostante questa differenza che riguarda l’ambito della costruzione dell'identità personale, la motivazione che spinge a varcare i propri confini è comunque sempre il bisogno di assaporare la potenza del cambiamento attraverso la ricerca della differenza ed il confronto con altri in altri luoghi...è il potere del mettersi alla prova in contesti nuovi ed il fascino della ricerca dell’inesplorato; questo il motivo per cui la standardizzazione spesso delude il viaggiatore, ma crea anche un limbo di conforto. Dal punto di vista psicologico è importante rendersi conto dei propri limiti nell’intraprendere un viaggio, infatti recandosi in luoghi davvero tanto "lontani" dalla cultura di riferimento è possibile che la nostra sensibilità o immaturità ci porti alla sofferenza psichica piuttosto che alla scoperta di un potere di cambiamento, si può verificare un trauma, se non siamo preparati o abituati a metterci alla prova attraverso il confronto con ciò che è diverso, ad esempio: se da tutta la vita abito in un paese di 10.000 abitanti dove conosco molte persone e so cosa aspettarmi e, senza altre esperienze di viaggio, mi proietto a trascorrere due settimane a New York o a Tokyo, metterò a dura prova le mie capacità di adattamento. A questo punto si potrebbe verificare un senso di insicurezza ed impotenza, piuttosto che forza e competenza. Il turista impreparato che fa il passo più lungo della gamba, potrebbe perdersi e non trovarsi più nemmeno una volta tornato fra i propri confini familiari. In ogni caso, con il ritorno, il luogo da cui si è partiti cambia aspetto, acquista il significato di qualcosa di prescelto e non più assegnato dall’evento casuale della nascita: lo sguardo rivolto a “casa” a questo punto proviene dall’esterno, non più dall’interno. Leed definisce il viaggio una “perdita continua”: è quel senso di perdita, di assenza, che offre l’esperienza di riscoprire con nuovi occhi ciò che si considerava scontato: “Siamo una persona nuova, che ha trovato una ricreazione e se non ci sentiamo rinnovati, lo scopo stesso del viaggio è stato mancato!” (cfr. 354). DIVERSI VOLTI DEL TURISMO
Eccoci qua anche questo luglio come ogni anno molti di noi avranno già disfatto le valigie per tornare alla quotidianità altri le avranno pronte per trasformarsi da residenti a turisti, da stanziali a nomadi, da indaffarati e stressatissimi lavoratori a imperturbabili e rilassatissimi “nullafacenti”... Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) nel 2015 gli arrivi internazionali sono stati 1,184 miliardi. Quasi tutte le macro-aree mondiali hanno presentato un incremento nella percentuale degli arrivi: la crescita risulta più marcata per l'Asia e il Pacifico (5,4%), seguono le Americhe (5,0%), l'Europa (4,7%) e il Medio Oriente (1,6%); solo l'Africa è risultata in flessione (-2,9%). L'Europa si conferma l’area più visitata e sul versante dei flussi turistici stranieri in Italia, il 2016 si apre favorevolmente: secondo i dati Istat provvisori, nei primi due mesi gli arrivi sono stati 4.422.878, con un incremento del 5,1% rispetto allo stesso periodo 2015, mentre le presenze registrate risultano 15.315.970 (+3,3%). Quindi stiamo parlando di un fenomeno di massa di cui facciamo parte se ci riconosciamo come viaggiatori per diletto e forse non tutti sanno che esiste un’approccio interdisciplinare che s’interessa degli intricati intrecci fra turismo e due componenti essenziali: la prima riguarda il movente psico-sociale che induce il visitatore a lasciare il proprio luogo di residenza; la seconda si riferisce ai processi messi in atto nella circolazione di persone, immagini, servizi, redditi, idee. Se leggiamo il fenomeno del turismo come “incontro” fra diversi uomini e gruppi sociali, esso appare evidentemente vincolato al mutamento culturale della popolazione ospitante, di cui è al tempo stesso effetto e motore (Simonicca). In Annals of Tourism Research anche Mac Cannel pone l’enfasi sull ’importanza dello studio dell’impatto sociale, economico e culturale del turismo nei confronti della popolazione ospitante e nella società, inclusa la natura delle relazioni fra chi è ospite e chi è ospitato. Jean-Didier Urbain in L’idiota in viaggio, pone la domanda “Chi è il turista?”: un nomade che vorrebbe lasciare a casa i suoi problemi, ma che inevitabilmente s’intrufolano in valigia? Un pellegrino misconosciuto che cade inevitabilmente nella trappola dell’industria turistica: marchingegno economico che arricchisce alcuni, ma distrugge autenticità e spontaneità? Credo sia interessante dal punto di vista psicologico l’esortazione di Urbain a concentrarsi sulla figura del turista come individuo che attribuisce il proprio soggettivo significato a quel particolare viaggio, che sceglie di impegnare come viaggiatore il suo tempo libero investendo in esperienza di vita, in cambiamento, in novità, in incontro con l’altro. L’autore sottolinea: “Il viaggiatore per piacere resta un uomo problematico. Pellegrino incerto, generalmente a disagio nella sua pelle, il turista sogna spesso di cambiarla.” Talvolta però io stessa, nel ruolo della turista, ho potuto scoprire la malinconia dell’essere lontano da ciò che è familiare, il valore aggiunto di ciò da cui ero partita svelato dal paradosso dell’allontanamento, così tornando ho scoperto quanto fosse confortevole la “vecchia pelle”! Così scrive H. Hesse in Vagabondaggio: “Disegno la casa sul mio taccuino ed ed il mio occhio si accomiata dal tetto tedesco, dalla travatura e dal frontone tedesco, si accomiata da una certa intima familiarità. Ancora una volta amo tutte queste cose familiari con accresciuta intensità poiché sto per staccarmene (1992, pag. 35). E tu che stai leggendo, che turista sei...? |
AutoreDr.ssa Chicchi Elisa Francesca. Archivi
Novembre 2016
Vacanza, turismo, identità. |
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