Lo stress come il prezzemolo, si mette dappertutto...ma di cosa si parla quando diciamo di essere stressati? Il termine è di fatto usato con estrema frequenza arrivando a denotare situazioni assolutamente diverse tra loro, c’è la tendenza ad identificare lo stress con tutto ciò che non funziona, che ci logora e che ci procura disagio sia da un punto di vista psichico (problemi del sonno, del comportamento alimentare, instabilità d’umore difficoltà relazionali, aumento nel consumo di alcool, di sigarette, etc.) che fisico (mal di testa, stanchezza cronica, problemi gastrici, tensioni muscolari, etc).
Per un percorso psicologico finalizzato alla gestione dello stress credo sia un primo importante passo definire il termine: deriva dal latino strictus, il cui significato letterale è ‘serrato’, ‘compresso’. Nel XVII secolo per gli anglosassoni stress aveva il significato di ‘difficoltà’, ‘afflizione’; studi più recenti, nel campo della fisica lo riconducono ad un concetto utilizzato in metallurgia, dove si usa ‘mettere sotto stress’ le travi metalliche per provarne la resistenza. Storicamente il termine è stato usato per la prima volta sulla rivista “Nature” dal fisiologo di origine austriaca H. Selye (considerato il padre della ricerca sullo stress): la definizione che egli ne diede identificava lo stress come “la risposta non specifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata ad esso”. Fu anche il primo ad identificare due diverse tipologie di stress che lui chiamò distress o stress negativo ed eustress o stress positivo. Lo stress negativo o distress si ha quando stimoli stressanti, ossia capaci di aumentare le secrezioni ormonali, instaurano un logorio progressivo fino alla rottura delle difese psicofisiche. Lo stress positivo o eustress si ha, invece, quando uno o più stimoli, anche di natura diversa, allenano la capacità di adattamento psicofisica individuale. Lo stress positivo è una forma di energia utilizzata per poter più agevolmente raggiungere un obiettivo e l’individuo ha bisogno di questi stimoli ambientali che lo spingono ad adattarsi.
L’opinione attualmente più accreditata concettualizza lo stress come il risultato dell’interazione tra variabili ambientali e variabili dell’individuo, un’interazione nella quale l’interpretazione che la persona costruisce della situazione stressante riveste un ruolo molto importante nel determinare l’intensità della reazione di stress. E’ dunque l’interpretazione, la ‘percezione’ della situazione, piuttosto che la situazione in sé, che determina la conseguente emozione, il comportamento e la risposta fisiologica della persona; ecco perché di fondamentale importanza è acquisire consapevolezza del contenuto del proprio dialogo interno (ovvero ciò che diciamo a noi stessi), in quanto quest’ultimo può essere profondamente supportato da convinzioni ed aspettative di inefficacia e fallimento, di conseguenza generare un senso di perdita di controllo, impotenza e passività.
E’ molto importante percepirsi attivi nel fronteggiare situazioni di stress, ecco perché un momento essenziale in psicoterapia è comprendere il processo tramite il quale una persona cerca di far fronte alle situazioni percepite minacciose definito coping (da to cope=far fronte a...):
Il coping è l'insieme degli sforzi comportamentali e cognitivi, volti alla gestione di specifiche richieste esterne e/o interne, valutate come situazioni che mettono alla prova o che in ogni caso eccedono le richieste di una persona, questi sforzi sono finalizzati a ridurre, minimizzare, padroneggiare, sopportare tali richieste (definizione degli autori Lazarus e Folkman, 1984).
L’obiettivo del lavoro sullo stress in psicoterapia non è quello di incoraggiare la persona ad elimininarlo, bensì quello di renderla consapevole del suo impatto a livello psicofisico, far emergere e sviluppare competenze, alle quali attingere per incrementare le proprie capacità di tolleranza e resistenza, e far sì che diminuisca l’impatto emozionale ed i costi personali dovuti alle situazioni stressanti. Il processo d’intervento è visto nell’ottica di un graduale addestramento alla crescita del paziente, facendogli acquisire strategie comportamentali e cognitive, divenendo così più abile ad elaborare i cambiamenti e gli ostacoli che fanno parte del ciclo della vita.
Per fronteggiare lo stress propongo una terapia individuale che in linea generale comprenderà le seguenti tecniche:
Per un percorso psicologico finalizzato alla gestione dello stress credo sia un primo importante passo definire il termine: deriva dal latino strictus, il cui significato letterale è ‘serrato’, ‘compresso’. Nel XVII secolo per gli anglosassoni stress aveva il significato di ‘difficoltà’, ‘afflizione’; studi più recenti, nel campo della fisica lo riconducono ad un concetto utilizzato in metallurgia, dove si usa ‘mettere sotto stress’ le travi metalliche per provarne la resistenza. Storicamente il termine è stato usato per la prima volta sulla rivista “Nature” dal fisiologo di origine austriaca H. Selye (considerato il padre della ricerca sullo stress): la definizione che egli ne diede identificava lo stress come “la risposta non specifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata ad esso”. Fu anche il primo ad identificare due diverse tipologie di stress che lui chiamò distress o stress negativo ed eustress o stress positivo. Lo stress negativo o distress si ha quando stimoli stressanti, ossia capaci di aumentare le secrezioni ormonali, instaurano un logorio progressivo fino alla rottura delle difese psicofisiche. Lo stress positivo o eustress si ha, invece, quando uno o più stimoli, anche di natura diversa, allenano la capacità di adattamento psicofisica individuale. Lo stress positivo è una forma di energia utilizzata per poter più agevolmente raggiungere un obiettivo e l’individuo ha bisogno di questi stimoli ambientali che lo spingono ad adattarsi.
L’opinione attualmente più accreditata concettualizza lo stress come il risultato dell’interazione tra variabili ambientali e variabili dell’individuo, un’interazione nella quale l’interpretazione che la persona costruisce della situazione stressante riveste un ruolo molto importante nel determinare l’intensità della reazione di stress. E’ dunque l’interpretazione, la ‘percezione’ della situazione, piuttosto che la situazione in sé, che determina la conseguente emozione, il comportamento e la risposta fisiologica della persona; ecco perché di fondamentale importanza è acquisire consapevolezza del contenuto del proprio dialogo interno (ovvero ciò che diciamo a noi stessi), in quanto quest’ultimo può essere profondamente supportato da convinzioni ed aspettative di inefficacia e fallimento, di conseguenza generare un senso di perdita di controllo, impotenza e passività.
E’ molto importante percepirsi attivi nel fronteggiare situazioni di stress, ecco perché un momento essenziale in psicoterapia è comprendere il processo tramite il quale una persona cerca di far fronte alle situazioni percepite minacciose definito coping (da to cope=far fronte a...):
Il coping è l'insieme degli sforzi comportamentali e cognitivi, volti alla gestione di specifiche richieste esterne e/o interne, valutate come situazioni che mettono alla prova o che in ogni caso eccedono le richieste di una persona, questi sforzi sono finalizzati a ridurre, minimizzare, padroneggiare, sopportare tali richieste (definizione degli autori Lazarus e Folkman, 1984).
L’obiettivo del lavoro sullo stress in psicoterapia non è quello di incoraggiare la persona ad elimininarlo, bensì quello di renderla consapevole del suo impatto a livello psicofisico, far emergere e sviluppare competenze, alle quali attingere per incrementare le proprie capacità di tolleranza e resistenza, e far sì che diminuisca l’impatto emozionale ed i costi personali dovuti alle situazioni stressanti. Il processo d’intervento è visto nell’ottica di un graduale addestramento alla crescita del paziente, facendogli acquisire strategie comportamentali e cognitive, divenendo così più abile ad elaborare i cambiamenti e gli ostacoli che fanno parte del ciclo della vita.
Per fronteggiare lo stress propongo una terapia individuale che in linea generale comprenderà le seguenti tecniche:
- Rilassamento psicofisico, in quanto un importante aspetto dello stress si riflette nella tensione fisica e nell’iperattivazione psicofisiologica;
- Strategie cognitive, finalizzate individuare e modificare il dialogo interno che aggrava e mantiene lo stress;
- Strategie di coping, individuare e rendere adattive quelle messe in atto;
- Problem solving, che comprende i seguenti passaggi: identificazione del problema; selezione degli obiettivi; individuazione di alternative; analisi delle conseguenze; presa di decisione; implementazione; valutazione;
- Autodialogo guidato, mirato ad aiutare la persona a costruire autoaffermazioni positive utili a fronteggiare il senso di sopraffazione e ad accrescere la sua percezione di competenza e controllo della situazione.