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Motivazione e cambiamento
VIAGGIO COME RITO DI PASSAGGIO
Il turismo del tipo “rito di passaggio o separazione”, si trova solitamente associato ai maggiori cambiamenti di vita, come ad esempio: il termine della scuola superiore e l’inizio dell’università o di una attività lavorativa; essere lasciati o lasciare il partner; un lutto importante; cambiamenti di lavoro; progressi di carriera. Fra i diversi autori che affiancano il termine di rito di passaggio a quello di turismo, ci sono Graburn e MacCannel . Graburn evidenzia che spesso il turismo è identificato con il concetto di ri-creazione, il rinnovo della vita, la ricarica degli elementi di depressione, molto importanti per il mantenimento della salute mentale e corporea che caratterizza uno stile di vita equilibrato. MacCannel sottolinea l’importanza dell’allontanamento da ogni cosa, intendendo con “ogni cosa”: il lavoro di tutti i giorni, i routinari impegni familiari, anche la consueta vita mondana e le consuete attività ricreative. Affinché il viaggio abbia la valenza di rito di passaggio deve essere un’assenza abbastanza prolungata, solitamente presenta rischi e difficoltà, ed è vissuta come un mezzo di auto-testazione con cui si desidera provare a se stessi ed agli altri di essere all’altezza dei cambiamenti della vita, allo stesso modo in cui i riti di passaggio nella società tradizionale dimostravano al resto del gruppo sociale, che una persona è pronta e capace di assumere un nuovo status imposto dalle circostanze. Il senso maggiore di crescita personale in questo tipo di esperienza di viaggio, si ottiene nel momento in cui non ci sentiamo più “attori di un ruolo”! Così è possibile liberarci dalle imposizioni della struttura sociale in cui siamo solitamente inseriti ed entrare in contatto con un senso di libertà refrigerante e rigenerante, è il concetto di “tempo ottimale” (Ricci Bitti P. E., 1998) un flusso fra interno ed esterno regolato unicamente dal senso di benessere e divertimento. Questo flusso concede di rafforzare la propria identità grazie ad una miglior comunicazione con le parti di noi non mascherate da ruoli imposti, rafforzandola, e migliorando la possibilità di ridefinire quei ruoli che tornando “a casa” dobbiamo riaccogliere perché fanno parte della quotidianità. E se tornando non riuscissi più ad indossare i vecchi abiti? Certo è possibile che ci sentiamo stretti nella vita che abbiamo lasciato e tornando sentiamo il nodo in gola più soffocante che mai, dunque forse è il momento di qualche cambiamento, dunque forse siamo pronti e, chissà, magari abbiamo anche scoperto nuove competenze con cui poterlo agire?!?
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AutoreDr.ssa Chicchi Elisa Francesca. Archivi
Novembre 2016
Vacanza, turismo, identità. |
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